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IL LASER ABLATIVO in chirurgia plastica

IL LASER ABLATIVO in chirurgia plastica

La dermoablazione laser è un trattamento moderno, indicato per rimuovere alcune lesioni elementari della cute.

Tale metodo di cura si affianca alla chirurgia tradizionale, con notevoli vantaggi rispetto ad essa: velocità di esecuzione, mini invasività e precisione millimetrica del trattamento, cicatrici minime, complicanze ridotte, confort ottimale per il paziente.

Si effettua con apparecchiature laser di caratteristiche tecniche avanzate, il cui cuore è il “mezzo attivo”: il dispositivo che emette, stimolato, atomi eccitati che generano radiazioni di lunghezza d’onda specifica, utilizzando una fonte di energia, che è diversa a seconda del mezzo generante adoperato.

Le radiazioni vengono successivamente amplificate nella quantità dei fotoni emessi, generando un fascio di onde elettromagnetiche monocromatiche, coerenti e concentrate.

Schalowe e Townes, premi Nobel per la fisica, realizzarono per primi, nel 1958, un dispositivo capace di produrre una radiazione monocromatica infrarossa del tipo laser, ma fu Theodore Maiman, un ricercatore trentenne quasi sconosciuto, che nel 1960 concepì e fabbricò un apparecchio tal concepito, chiamandolo per la prima volta L.A.S.E.R. (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation).

Ciò che diversifica le diverse apparecchiature che generano radiazioni laser è il mezzo attivo: può essere un solido (un cristallo purissimo come il rubino, o il neodimio:YAG o il  KTP (titanil fosfato di potassio), o l’alessandrite), un gas (CO2, argon, elio-neon) o un semiconduttore (un diodo tarato per emettere una precisa lunghezza d’onda).

Proprio in funzione delle caratteristiche fisiche peculiari del mezzo attivo il sistema emette un fascio di fotoni elettivo, affine ed efficace soltanto verso una determinata sostanza.

L’impiego dei laser in medicina e chirurgia è la conseguenza logica del principio di “fototermolisi selettiva” postulato da Anderson e Parrish nel 1983: ottenere un effetto biologico, non necessariamente distruttivo, verso un tessuto bersaglio, limitando al minimo gli effetti sui tessuti circostanti.

L’energia fotonica laser si genera quasi sempre nello spettro del non visibile e il raggio di luce che fuoriesce dal manipolo non è il vero fascio laser, ma soltanto una luce guida colorata.

L’energia laser si trasforma in energia termica, cioè di riscaldamento, tanto elevato d’avere l’effetto di fare esplodere all’istante le cellule bersaglio, vaporizzandole del tutto in ridottissime frazioni di tempo.

Questa è la “fototermolisi”: la demolizione di tessuti per un effetto calorico destruente provocato da una raffica di fotoni.

E, quindi, conoscendo le sostanze cromofore specifiche di un tessuto si può ottenere una fototermolisi selettiva: cioè impiegando un raggio laser di una specifica lunghezza d’onda, l’unica affine per il colore di quel tessuto, andremo a colpirlo selettivamente, distruggendo solo questo, e risparmiando le altre porzioni cellulari contigue.

 

I laser forse più adoperati in medicina sono quelli chirurgici: il CO2 e l’Herbium.

Al secondo posto sono impiegati i laser per l’epilazione permanente, di cui ci occuperemo in un prossimo articolo.

 

Il laser CO2 è uno strumento che impiega una miscela di gas a prevalenza di anidride carbonica, come mezzo attivo, combinato con elio e azoto. Emette una radiazione LASER della lunghezza d’onda di 10400 nanométri.

Nell’Herbium il mezzo attivo è un cristallo Er:YAG, cioè un cristallo di Yttrium-Aluminium-Garnet con aggiunta di piccole quantità di ioni di Erbio (herbium). Emette un raggio LASER della lunghezza d’onda di 2940 nanométri.

Entrambi gli impulsi possiedono nell’acqua il massimo coefficiente di assorbimento.

L’energia generata viene dunque utilizzata per la vaporizzazione rapida dell’acqua contenuta nelle cellule dei tessuti, consentendo una ablazione immediata di porzioni di cute, con una minima irradiazione di calore nelle regioni vicine, provocando un danno termico trascurabile ai tessuti sani.

Entrambi questi laser sono di tipo ablativo: rimuovono con molta versatilità lesioni superficiali della cute, vaporizzando istantaneamente il tessuto colpito.

Il CO2 è più “aggressivo” e distrugge anche i tessuti più in profondità, l’Herbium è più “delicato”, il suo livello di penetrazione è ridotto, consentendo l’ablazione fine di sottili strati di tessuto, anche di pochi micron.

Esistono anche versioni a tecnologia frazionale di ambedue i laser. Hanno un manipolo in grado di eseguire una scansione frazionata, determinata al computer, dell’area da trattare. Sono indispensabili quando si vogliono trattare estese porzioni di cute.

L’azione ablativa calcolata dal software asporta colonne di cute di spessore prestabilito e di una precisa forma geometrica (per esempio circolare, quadrangolare, esagonale, ecc.), anche di dimensioni ridottissime e pochissimo distanziate tra di loro.

Il vantaggio è che si produce un danno termico minore e, quindi, una guarigione cutanea migliore e più rapida, con risultati finali eccellenti.

Generalmente la restituito ad integrum, cioè la guarigione, avviene senza alcuna cicatrice.  Solo raramente nelle regioni trattate possono residuare, in ordine di frequenza, ipercromie, ipocromi e piccole atrofie del derma: ciò accade soprattutto se nei mesi a seguire si espone la zona trattata ai raggi solari o a lampade abbronzanti.

 

Le principali indicazioni terapeutiche sono la rimozione di fibromi, anche penduli; verruche seborroiche e senili; xantelasmi; lentigo; macchie cutanee superficiali; piccoli condilomi; tatuaggi superficiali; grani di milio; angiomi rubini e senili; discheratosi e ipercheratosi del viso, del decolletè e delle mani; discromie

ed il miglioramento estetico della cute del viso tutta o porzioni di essa, e del decolleté, con la tecnica del resurfacing; delle rughe più fini; delle cicatrici da acne; delle cicatrici irregolari o discromiche; di alcune smagliature.

 

Come ulteriore vantaggio, la dermoablazione laser, per le lesioni elementari più piccole, generalmente non richiede anestesia locale.

Al massimo, qualche volta, può essere utile applicare una crema anestetica sulla lesione, un’ora prima del trattamento.

In pazienti particolarmente apprensivi, o con una bassa soglia del dolore, è possibile, tuttavia, eseguire un’anestesia locale per infiltrazione.

Ovviamente il paziente deve essere preventivamente sottoposto a visita specialistica per l’esatta indicazione a questa possibilità terapeutica. Vale la pena sottolineare che la terapia laser presenta un grosso inconveniente: spesso non è possibile esaminare istologicamente la lesione asportata, né valutarne i margini della rimozione. La precisa indicazione chirurgica e di trattare, comunque, soltanto lesioni cutanee dichiaratamente benigne.

L’attività laser, per gli inestetismi che tendono a migliorare il proprio aspetto fisico, non può essere erogata dal S.S.N.

La tecnologia laser è ancora in espansione e viene impiegata variamente in campo medico.

Tuttavia vale la pena sottolineare che non è possibile utilizzarla sempre e ad oltranza senza averne la giusta competenza onde evitare possibili complicanze cicatriziali, certamente sgradevoli sul piano estetico, e soprattutto malpractices per indicazioni terapeutiche errate.

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