La vertigine è il sintomo più frequente che porta il paziente a recarsi dal medico.
È definita come sensazione di rotazione della/nella testa e/o del corpo ed è associata frequentemente a disturbi neurovegetativi.
É caratterizzata dal senso di disorientamento nello spazio, con l’illusione di un falso movimento di sé (vertigine soggettiva) o dell’ambiente circostante (vertigine oggettiva).
Va distinta dal disequilibrio che, al contrario, è una sensazione di instabilità, insicurezza, insoddisfacente controllo della stazione eretta o della marcia, di scorretta relazione con l’accelerazione gravitazionale e, si differenzia dalla vertigine, per l’assenza della caratteristica sensazione di ‘‘rotazione’’ e dal capogiro anch’esso un sintomo difficile da definire: molto simile alla vertigine soggettiva ma caratterizzato dalla percezione – spesso definita dal paziente – di ‘‘vuoto nella testa’’, oppure ‘‘cadere dentro’’, con senso (non sempre presente) di rotazione più o meno marcata del capo.
Secondo vari studi effettuati la prevalenza di tali sintomi nella popolazione aumenta con l’aumentare dell’età e raggiunge il 30% nelle persone di età superiore a 60 anni, inoltre, la presenza di capogiri e vertigini è indice predittivo di cadute (principale causa di morte accidentale in età superiore a 65 anni), nonché elemento di limitazione dell’automatismo nelle normali attività quotidiane per la paura di cadute.
Il trattamento e/o la cura della vertigine dipendono dalla causa, infatti la vertigine può essere determinata da cause neurologiche, psichiatriche, psicologiche, ortopediche, malattie dell’orecchio, farmaci ma a volte la vertigine può essere espressione anche di patologie cardiovascolari.
Tuttavia, benché sia noto che le patologie cardiovascolari provocano vertigini, non è ben chiaro se queste siano vere vertigini o condizioni pre-lipotimiche o, addirittura, episodi sincopali.
Il paziente che si rivolge al medico utilizza il termine vertigine per indicare un disturbo dell’equilibrio ma non riesce a specificarne le caratteristiche, la durata, lo scenario di insorgenza dei sintomi e in questo caso la diagnosi può essere difficile tenendo conto del fatto che non sempre la semplice registrazione elettrocardiografica mostra le alterazioni cardiache che causano la vertigine.
Malgrado oggi con l’evoluzione della tecnologia il cardiologo abbia a disposizioni varie metodiche strumentali per diagnosticare un quadro cardiologico che si esprime con la vertigine (elettrocardiogramma, monitoraggio pressorio, Holter-ecg, ecografia ecc …ecc), va ricordato che questi esami, sia per l’ampio spettro della malattia cardiovascolare nonché per la variabilità dell’espressività del sintomo, nel tempo e nell’intensità, non sempre riescono a fornire informazioni in tempi brevi.
A tutto questo si associa che nel momento della vertigine, il paziente non sempre riesce a fornire informazioni chiare e precise sul sintomo, per cui i tempi per la diagnosi di una vertigine di natura cardiologica si possono, ovviamente, allungare.