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Obesità infantile

Obesità infantile

L’obesità è una malattia complessa, multifattoriale, cronica e recidivante. E’ una delle maggiori cause di rischio per la salute del mondo occidentale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevalenza dell’obesità è più che raddoppiata dal 1980 ad oggi. Un miliardo e 400 milioni di adulti, circa il 35% della popolazione mondiale, ha problemi di eccesso di peso e tra loro mezzo miliardo è obeso. Se andiamo nello specifico a guardare i bambini e i ragazzi, l’Italia purtroppo è il paese europeo con i valori maggiori di eccesso ponderale in età scolare: circa un bambino su dieci è obeso, e uno su cinque è in sovrappeso. L’ultima rilevazione effettuata dal Ministero della Salute nel 2019, per il tramite dei Servizi Igiene Alimenti e Nutrizione (SIAN), denominata Sorveglianza “Okkio alla salute” ci ha fatto vedere in modo trasversale la situazione di tutte le regioni ed ha purtroppo confermato come anche  l’Italia, culla della salutare Dieta Mediterranea, si sia allontanata dal precedente stile di vita alimentare molto sano, basato sui presupposti della dieta mediterranea. E’ dunque molto importante promuovere nei bambini e nei preadolescenti sane abitudini alimentari e aiutarli a sviluppare un approccio con il cibo  sereno ed equilibrato.

 

Come si sviluppa il rapporto col cibo?

L’atteggiamento errato verso il cibo si può sviluppare in diversi modi, per cui può diventare una restrizione importante, una completa rinuncia  oppure un abuso. Il cibo ha perso, in ogni caso, per molti, il senso di essere semplicemente qualcosa che ci tiene in vita ma è diventato moltissime altre cose. E’ diventato fondamentalmente una sorta di automedicazione, serve a farci sentire meglio, a farci rilassare, serve a moltissime cose e in passato invece non aveva questo significato. In particolare durante l’ultimo anno, con le restrizioni e il lockdown, vi è stata una grande attenzione all’alimentazione e al cibo, in certi casi quasi una “ossessione” per il cibo. Siamo stati sommersi da questo interesse perché eravamo tutti chiusi nelle case, in particolare i bambini e gli adolescenti e quindi questo tema è diventato dominante.  Il cibo è diventato qualcosa di più di quello che era 20-30 anni fa, quando era semplicemente l’elemento di sopravvivenza. Oggi è diventato invece un territorio dove si esprime l’identità, il disagio, il malessere, dove si esprimono moltissime emozioni, questo in particolare per alcune fasce come quelle dei bambini e degli adolescenti.

L’obesità, è una sorta di globesity, un’epidemia per la diffusione enorme che ha e sicuramente ha a che fare con quello che normalmente viene chiamato un “ambiente obesogeno”, ovvero tutto il contesto che favorisce la vita sedentaria, lo stile di vita errato, l’aumento dei cibi estremamente processati.

Oltre agli aspetti obesogeni di contesto, poi c’è la famiglia. Gli “influencer” maggiori per quello che riguarda l’alimentazione e lo stile di vita, sono proprio i genitori. Inevitabilmente i bambini e gli adolescenti guardano quello che mangiano i genitori, quello che preparano, quello che fanno; quindi lo stile di vita, ma anche lo stile alimentare è molto influenzato, perlomeno fino alla preadolescenza, dai genitori. Per questo motivo è molto importante che i genitori capiscano il significato che ha l’alimentazione, l’importanza di preparare il cibo e di mangiare insieme. Oggi moltissimi bambini anche di 7-8 anni, mangiano a pranzo da soli. Questo è un elemento legato sicuramente alla necessità,  ai nostri stili di vita, ma certamente non positivo per un bambino perché a quell’età non è autonomo veramente, non ha una discrezionalità.

L’ambiente obesogeno e gli stili di vita familiari possono diventare quindi dei fattori di rischio. Poi, ovviamente l’obesità ha anche una base genetica che insieme a delle componenti di rischio ambientali, determina l’ingresso o meno all’interno di questa patologia. Teniamo conto che l’obesità infantile è un fattore certo predittivo per l’obesità adulta. Chi ha un problema di peso da bambino o da pre-adolescente, potrebbe dover lottare tutta la vita contro questo problema. Questo è il motivo per cui si cerca di far capire importanza della prevenzione di questo problema in età infantile. Inoltre l’obesità infantile è anche un fattore di rischio per i disturbi alimentari: nella storia di molte ragazze e ragazzi che hanno avuto anoressia, bulimia e altri disturbi, c’è una storia di sovrappeso e obesità.  Si inizia generalmente con una dieta “fai da te” e poi si perde il controllo, entrando in un altro filone, ovviamente insieme ad altri fattori di fragilità e di trauma, però sicuramente l’obesità infantile è un fattore di rischio.

 

Obesità e stigma

Nonostante le conoscenze apprese in questi anni, sia l’obesità, sia le persone affette da questa condizione sono altamente stigmatizzate e spesso sono bersaglio di numerosi stereotipi negativi che le vedono come persone pigre, senza forza di volontà, persone che non hanno successo, poco intelligenti, goffe, sporche, delle persone in ambito medico scarsamente collaborative, che non sono aderenti alle raccomandazioni mediche fornite.

Nella letteratura, soprattutto di stampo anglosassone e americano, nonostante si parli molto di più ultimamente di stigma e si conosca molto di più la complessità dell’obesità, gli stereotipi sono molto comuni, pervasivi, in aumento, difficilmente modificabili e socialmente accettati.

Soprattutto lo stigma e gli atteggiamenti negativi sono presenti nelle persone con sovrappeso od obesità. Questo fenomeno prende il nome di “stigma interiorizzato”. In questo ambito la letteratura è stata molto fiorente negli ultimi anni e ci sta dimostrando che più che subire lo stigma in sé, è proprio la sua interiorizzazione ad essere più dannosa.

Atteggiamenti negativi verso le persone affette da sovrappeso e obesità sono riscontrabili già in bambini all’età di 3 anni. I bambini e gli adolescenti non sono immuni da quello che è lo stigma sul peso e da quello che possono essere gli effetti. Per gli adolescenti, la questione del peso è la maggiore ragione di presa in giro dai coetanei. Esperienze di prese in giro a causa del peso in adolescenza predicono comportamenti alimentari disfunzionali, obesità e aumento di peso a distanza di 15 anni.

La scuola è uno dei luoghi dove lo stigma si manifesta e può accompagnare il bambino, l’adolescente e poi il giovane adulto lungo il corso degli studi. Lo stigma e l’emarginazione determinano di conseguenza il grande problema del bullismo. Il bullismo sul corpo è un elemento delicatissimo nei bambini affetti obesità e negli adolescenti che vengono letteralmente massacrati a scuola, dai coetanei, nel gruppo dei pari, spesso anche dagli adulti che li penalizzano e li rimproverano come se questa patologia fosse colpa loro.

 

Come si manifesta lo stigma?

Lo stigma si manifesta in diversi modi: può essere verbale (nomignoli), fisico (atti di bullismo), relazionale (esclusione sociale), interiorizzato, esplicito o implicito (la persona è consapevole di avere questi atteggiamenti negativi) o implicito (la persona manifesta lo stigma senza sapere di averlo).

Molto spesso si pensa che un atteggiamento orientato a “prendere in giro” o “essere duri” con le persone affette da obesità, possa motivarle a cambiare il proprio stile di vita e perdere peso ma in realtà è il contrario e la letteratura scientifica ha mostrato come anzi, lo stigma sul peso possa aumentare la vulnerabilità ed indurre bassa autostima, depressione, ansia; può portare a evitare le visite mediche, evitare l’attività fisica; nei giovani soprattutto può portare pensieri o atti di suicidio. Ci sono delle persone che a causa dello stigma possono avere un danno nella loro qualità di vita sia fisica che psicologica. E anche spesso lo stigma basato sul peso rappresenta una barriera su quella che è la cura del sovrappeso e dell’obesità infatti le esperienze di stigma e lo stigma interiorizzato sono associate ad una non capacità di mantenere il peso perduto nel tempo e sono associate ad un aumento di peso.

Perchè esiste lo stigma?

Purtroppo è molto comune l’idea che il peso sia sotto la completa responsabilità della persona che ne è affetta e quindi “con la forza di volontà” “se lo vuoi veramente”, le persone possono raggiungere i cali di peso e le forme desiderate. Come se, non riuscire a mantenere un certo peso, fosse una colpa, una cosa che la persona ha perché non ha molta voglia di fare. Spesso le persone con obesità sono condannate per non essere state capaci di uscire da una condizione che sappiamo essere complessa, cronica e multifattoriale.

 

Approccio etico all’obesità

E’ necessario un approccio etico all’obesità, ovvero diventa fondamentale abbandonare la convinzione che l’obesità sia un problema di peso o di perdere peso. L’approccio etico è un approccio alla “biografia” della persona. Il percorso terapeutico deve essere personalizzato per quello specifico bambino o adolescente perché in questa fascia di età, tante emozioni entrano nel cibo, tante questioni di automedicazione. Si mangia per noia, per tristezza, perché si è soli o perché non si sa cosa fare, è evidente quindi come il cibo acquista tantissimi significati emotivi. Sarà necessario quindi lavorare sul peso ma lavorare anche e soprattutto sul nucleo che muove questo tipo di modalità, sull’assetto familiare e globale della vita, altrimenti il problema si riproporrà perché l’obesità è una patologia che tende alla cronicità, non c’è un momento che ne determina l’inizio, è un processo lento in cui mano a mano gli stili di vita, l’uso del cibo nel senso automedicativo, progressivamente determinano il problema.

Riuscire a intercettare precocemente questo processo diventa fondamentale e sarà necessario iniziare a lavorare il prima possibile sulle modalità di affrontare la vita emotiva, il modo di abitare il mondo con “quel corpo” e con “quello spazio”.

 

la cura dell’obesità

La cura di questa patologia è una cura integrata perché l’obesità può dare grosse conseguenze sul piano clinico ma soprattutto grandi conseguenze sul piano psicologico.

L’esperienza clinica ci mostra come questi bambini e ragazzi sono molto spesso “massacrati”, necessitano di essere supportati, aiutati, rassicurati di non essere brutti, non amabili perché molto spesso hanno subito un trattamento giudicante, spesso purtroppo anche dai genitori. Questo è l’imprinting che poi determina la sensazione di non poterne uscire.

La famiglia è parte determinante del trattamento e questo è valido anche per i disturbi alimentari: oggi nessuno immaginerebbe una terapia di un adolescente o di un bambino che ha un patologia correlata alla alimentazione – sia disturbi alimentari sia obesità – senza includere la famiglia. In realtà anche la famiglia ha bisogno di essere aiutata, perchè, a prescindere dal fatto che si tratti di bambini piccoli o adolescenti, è necessario un cambiamento all’interno del nucleo familiare.

Questo è uno dei nodi più complicati perché per tutti, famiglia compresa, è difficile mettersi in discussione, mettersi in gioco, accettare di avere un problema. Generalmente il bambino viene portato e additato come colui che ha un problema, come se fosse un bambino con un “difetto”, come se le famiglie non c’entrassero nulla.

La famiglia ha sicuramente un ruolo centrale per favorire l’adozione di scelte alimentari salutari soprattutto in questa fascia di età. Se riesce a fare da ponte con l’equipe e lavorare verso una direzione comune, il bambino e l’adolescente ne trarranno beneficio, viceversa se la famiglia non riesce ad entrare dentro un percorso di cambiamento, ne verrà ostacolato anche il percorso del bambino e dell’adolescente.

 

Il PPDTA dell’ASP di Catania

Presso l’Asp di Catania è attivo il Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PPDTA) per l’obesità in età evolutiva. Il PPDTA è stato formulato con l’obiettivo di integrare la prevenzione con la cura del bambino, dell’adolescente e della famiglia.

Vengono offerti percorsi integrati di presa in carico clinica dei bambini e degli adolescenti e contestuali interventi di promozione della sana alimentazione, finalizzati al diretto coinvolgimento dei genitori per favorire l’acquisizione di stili di vita più salutari.

Ai bambini e agli adolescenti, vengono offerti programmi per migliorare la qualità della ‘dieta’ e aumentare i livelli di attività fisica. Viene, parallelamente, incentivato il lavoro con i genitori per favorire le modifiche dello stile di vita di tutto il nucleo familiare, anche in considerazione del fatto che tra i ‘costi’ attribuibili all’obesità, devono essere considerati quelli intangibili, come il minor rendimento scolastico, la discriminazione, i problemi psicosociali, le ridotte relazioni sociali e la scarsa qualità della vita.

 

Conclusione

I bambini e gli adolescenti affetti da obesità sviluppano quasi la sensazione di “non essere abbastanza per il mondo”. Pur essendo ingombranti, pur abitando il mondo con corpi pesanti, spesso diventano invisibili, nascosti da un corpo che diventa una prigione.

Se si nota qualcosa nell’atteggiamento verso il cibo, nel cambiamento del carattere, nell’aumento o nella diminuzione del peso è importante non sottovalutarlo mai perché la diagnosi precoce è decisiva. Se interveniamo precocemente in questo tipo di problema vi sono grandi probabilità di successo.

Aspettare è inutile perchè non riconoscere in fase iniziale lo sviluppo di una patologia multifattoriale, quale l’obesità, rende successivamente più complesso affrontarla; senza dimenticare che  il cibo è anche un vettore emotivo importantissimo, qualcosa su cui dobbiamo sempre porgere la nostra attenzione; va infine ricordato che in età infantile e preadolescenziale si possono manifestare altre patologie ben distinte dall’obesità, quali i disturbi del comportamento alimentare, che possono poggiare su radici nascoste e profonde e che, più che “disturbi” dell’alimentazione, sono disturbi dell’anima.

Ci sono parecchie probabilità che un bambino obeso diventi un adulto magro, bisogna però intervenire presto. Se si interviene nella fascia d’età prima dei 10 anni, ma anche nella prima adolescenza, le probabilità di modificare una traiettoria sono altissime. Lo stile di vita in quella fascia di età si può modificare, collaborando con la famiglia; sul piano emotivo quello che è più difficile da contrastare è l’utilizzo da parte del bambino e del preadolescente, del cibo come anestetico, come curativo, come antistress.

Quello è l’elemento che va subito bloccato, compreso e su cui andare a lavorare perché potrebbe produrre un effetto a lungo termine.

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